L’annata dei tartufi sul Garda è entrata nella sua fase finale con la raccolta del Nero Pregiato (detto anche Tuber Melanosporum), che come da tradizione è partita intorno al 13 dicembre, giorno di Santa Lucia. Le prospettive sono molto interessanti, con domanda alle stelle a causa della scarsa disponibilità in Paesi forti produttori come la Francia, e quotazioni comprese tra i 600 ed 800 euro che potrebbero anche arrivare a 1000 euro il chilogrammo all’ingrosso.
“La raccolta naturale è quasi azzerata, mentre invece nelle tartufaie il prodotto non manca ed è di ottima qualità – afferma Virgilio Vezzola, presidente dell’Associazione Tartufai Bresciani, impegnata da anni nella promozione della tartuficoltura per sopperire all’ormai conclamato calo della produzione naturale -. Sul Benaco questa specie ha come zone di riferimento l’Alto Garda da Salò a Riva, passando per Tremosine, la Valtènesi, ma anche le Colline Moreniche con estensione nel Mantovano: non a caso a fine gennaio organizzeremo una manifestazione a Volta Mantovana dedicata esclusivamente a questa ricercatissima varietà di tartufo”.
Il Garda è storicamente un territorio vocato alla produzione di tartufi, dove si raccolgono tutte le più importanti specie: dall’Aestivum, che ha il suo areale privilegiato nella zona di Muscoline, in Valtènesi e Valle Sabbia, al Tuber Magnatum, il mitico Bianco Pregiato che quest’anno a causa della scarsissima reperibilità ha raggiunto quotazioni tra i 2000 ed i 4000 euro al chilo. La campagna 2016 è partita sotto buoni auspici a giugno con l’Estivo, per poi ridimensionarsi in seguito con i cali di raccolta sia del già citato Magnatum che del Macrosporum (o Nero Liscio) e dell’Uncinatum (detto anche Tartufo di Montagna). Ora, con il Nero Pregiato (che si raccoglie fino a marzo) ci sono i presupposti per concludere l’annata con il segno positivo. Il tutto mentre anche il Bianchetto, o Tuber Borchii, tartufo primaverile che matura tra febbraio ed aprile, comincia a venire guardato con nuova considerazione.
“Questa specie è sempre stata scarsamente richiesta e quindi poco raccolta, anche se si tratta di una tipologia assolutamente valida soprattutto per la preparazione del carpaccio – spiega Vezzola -. Quest’anno abbiamo assistito ad una specie di riscoperta da parte della ristorazione: alcuni cercatori hanno spuntato prezzi fino a 400 euro al chilo. E dalla primavera potrebbe ripartire la richiesta e quindi la ricerca”.
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