Qualcuno si ricorderà di lui come il vincitore del Trofeo Pompeo Molmenti ad Italia in Rosa di Moniga, qualche anno fa, con uno sconosciuto Chiaretto che la spuntò a sorpresa su molte etichette ben più blasonate. Qualcun altro avrà già assaggiato il suo Lugana San Giacomo (Golden Star nella guida Vini Buoni d’Italia). Lui, Daniele Malavasi, è un po’ l’outsider del vino gardesano: al punto che in questi giorni fra i suoi progetti c’è nientemeno che il lancio di un Lambrusco.
“Sono originario di Sermide, in provincia di Mantova, e mio nonno il Lambrusco lo produceva già quando ero piccolo ed andavo ad aiutarlo nei campi per la vendemmia – racconta lui -. Adesso sto pensando di ricominciare a produrlo nell’azienda di famiglia che ho mantenuto nel Mantovano, dieci ettari circa con un fabbricato che vorrei trasformare presto in cantina. Ho già scelto la bottiglia ed anche il nome: si chiamerà Ciocapiat. Mi piace questa sfida: il Lambrusco è uno dei vini più venduti al mondo, mi piacerebbe interpretarlo in una mia versione puntando ovviamente sulla qualità”.
In attesa di sviluppi, Malavasi ha già il suo bel daffare sul Garda, dove si è trasferito nel 2006: all’epoca lavorava come ingegnere e faceva rilievi topografici speciali sui monumenti, oltre ad essere attivo nel settore immobiliare, ma l’incontro con Franco Tiraboschi, proprietario dell’azienda agricola Ca’ Lojera di Sirmione, ha fatto risvegliare in lui l’antica passione per il vino. E così prima ha preso in affitto i 10 ettari della tenuta La Bolina di Gavardo, dove ha prodotto il famoso Chiaretto Rosa del Lago che nel 2013 ha vinto il Molmenti a Moniga. Poi nel 2011 ha acquisito una tenuta a Pozzolengo con cantina lanciandosi nel mondo del Lugana.
“Abbiamo una decina di ettari in totale tra proprietà ed affitto – spiega -. Nel 2011 abbiamo cominciato a produrre. Abbiamo anche un ettaro di Petit Verdot, vitigno davvero raro sul Garda, dal quale abbiamo prodotto un vino, chiamato Mulinero: un progetto realizzato in collaborazione con l’agriturismo Moscatello qui a Pozzolengo, dove opera lo chef Lorenzo Bernardini, già allievo di Gualtiero Marchesi. Avrà una quota del 20% di uve Cabernet e Merlot o lo lanceremo quest’anno. Penso di poter dire che sarà una cosa davvero unica per questa zona”.
Malavasi produce attualmente circa 100 mila bottiglie (oltre ai due Lugana ci sono anche il Rosa, il Nero ed il Bianco del Lago), vendute per l’80% all’estero, soprattutto in Germania e Svizzera. “Ma siamo presenti anche in alcuni ristoranti ed alberghi importanti del Lago – dice Daniele -. E’ importante avere questi posti che rappresentano un biglietto da visita prestigioso. E poi abbiamo ancora anche un’enoteca a Sermide: sempre per non tagliare il legame con le radici mantovane…. In attesa del Lambrusco, che potrebbe arrivare a cavallo tra 2016 e 2017”.
La bottiglia
Lugana davvero particolare, il San Giacomo, che subito sembra aver raccolto i consensi sperati da Daniele Malavasi, seguito in questa sua avventura gardesana dal team dell’enologo Franco Bernabei (ed in particolare dal figlio Matteo). Tutto parte dalla selezione delle uve migliori dei vigneti di Pozzolengo, con fermentazione in acciaio ed affinamento in barrique americane (di primo e secondo passaggio). “E’ una scelta quest’ultima nata dalla volontà di connotare il vino con un’impronta particolare -. E devo dire che l’interesse riscosso mi ha confortato sul carattere azzeccato di questa decisione”. Con almeno due anni di invecchiamento sulle spalle prima di arrivare sul mercato, il San Giacomo è un Lugana importante, dal profilo sontuoso, dagli spigoli smussati, dal carattere morbido ma ben equilibrato da una rinfrescante nota acida, un po’ sulla scia rispettosa del mito Brolettino ma senza dubbio in grado di camminare con le proprie gambe.
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