Sul Garda sono attivi da poco più di un anno. Ma già hanno saputo distinguersi grazie ad una creazione che sembra avere le carte in regola per diventare uno dei “piatti cult” dell’estate gardesana. Loro sono Manuel Garbellini e Paola Betta, compagni nella vita oltre che nel lavoro, ed il 20 marzo del 2015 hanno acquisito la gestione del ristorante Le Antiche Rive di Salò, riaprendolo al pubblico dopo un lungo periodo di chiusura. Recentemente si sono guadagnati gli onori delle cronache vincendo il concorso “Un Fiore Nel Piatto” nell’ambito di Darfo Boario Terme In Fiore, contest enogastronomico nel quale il regolamento prevedeva la presentazione di ricette a base di fiori ed erbe spontanee. Il team delle Antiche Rive ha vinto con un Luccio in Carbone che si è imposto su cinque finalisti nella categoria dei secondi piatti, conquistando la giuria presieduta da Edoardo Raspelli nelle degustazioni alla cieca.
Un bel risultato per un’insegna ancora giovane, per quanto presente già da tempo nel panorama gardesanao: Le Antiche Rive infatti era una trattoria chiusa da circa un anno quando Manuel (che ha sempre lavorato nel settore alla Corte delle Rose, locale di famiglia a Castiglione delle Stiviere) e Paola hanno deciso che quello era il posticino giusto per realizzare il loro nuovo progetto.
“Eravamo in cerca di un posto non troppo grande – spiegano -. 30 coperti al massimo, nel quale portare avanti una cucina creativa ma legata ad un’attentissima scelta delle materie prime, che acquistiamo solo da realtà del territorio o da aziende italiane d’eccellenza”.
Entrambi attivi in sala, i due ristoratori hanno trovato nel giovane chef Sokol Xibri, 28 anni, di origini albanesi ma in Italia dall’età di 14 anni, l’interprete ideale per le loro intuizioni.
“Mi sono diplomato all’istituto alberghiero di Gardone Riviera, ho avuto varie esperienze tra Brescia, il lago e la Germania, ho lavorato al Grand Hotel Fasano, poi ho conosciuto Manuel ed ho deciso di seguirlo in questa avventura in cui dare nuovo sfogo alla mia creatività. Io apprezzo molto la cucina fusion, mi piace l’idea di diverse tradizioni che si uniscono insieme all’insegna dell’evoluzione gastronomica, di una fusione di sapori al di là del km zero”.
Il Luccio in Carbone è una sua idea: in origine la ricetta prevedeva l’uso del Baccalà, poi si è deciso di virare sul Luccio per farne una versione maggiormente legata al territorio gardesano.
Il carbone cui si fa riferimento è un pane fatto in casa spezzettato con nero seppia ed acqua, lasciato 48 ore a riposo e messo in forno a 70 gradi fino ad ottenere una polvere molto fine che viene unita al luccio, scottato in padella e poi cotto al forno, e condito con la sua bottarga e chips di zenzero. I fiori? Sono coltivati da Sokol, sono ovviamente eduli, e presenti in molti dei coloratissimi piatti delle Antiche Rive come la Terrinella di Melanzane con Gambero Rosso di Sicilia scottato e burrata affumicata, una ben eseguita Carbonara di pesce con splendidi bucatini di Gragnano dei fratelli Moccia che prevede sia l’utilizzo d varietà d’acqua dolce e di mare (orata branzino ma anche coregone) ed un filetto di manzo in crosta di Fassona certificata dal Consorzio Tutela Razza Piemontese.
Alla fine, formaggi da urlo di Beppino Occelli, un pallino di Manuel, proposti in “orologi “ da degustazione che volendo possono anche costituire una cena. La carta dei vini al momento prevede non più di una quarantina di etichette, prevalentemente del territorio (anche al bicchiere) cui si aggiungono una quindicina di birre. Interessante il rapporto qualità-prezzo, considerato che il conto medio oscilla fra i 35 e i 50 euro.
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